l buon Raf ha dovuto rimandare la serata, quindi abbiamo avuto liberi battitori: Marco (Phango), Andrea e Sar@.

Phango è appassionato di Africa, e questo ulteriore viaggio in Namibia aggiunge altre immagini alla sua ormai notevole collezione.

Ci ha portato una selezione di una sessantina di immagini divise tra paesaggi e persone, con una piccola selezione di “focacce” (vale a dire foche)

Si tratta ancora di un editing non terminato, con diversi tipi di postproduzione, con del colore o bianconero sia tonale che un po’ più contrastato. Quello che colpisce sono sopratutto i suoi ritratti di bambini, sempre vari, sempre accattivanti, sicuramente ottenuti perché Phango sa come approcciarsi ai suoi soggetti.

Le sue scelte sono sempre per mete meno turistiche possibili, quindi una ricerca di popolazioni che abbiano avuto pochi contatti con la massificazione dei viaggi organizzati, una scelta coraggiosa con l’esigenza di ottime capacità organizzative, per risultati interessanti.

Belle anche le sue descrizioni del suo rapporto con le persone del luogo, facendoci sentire addirittura una raccolta audio di canti locali.

Andrea ormai si è capito, è soggiogato dalla poetica fotografica di Mimmo Jodice, e ci ha portato qualche scatto ispirato la maestro partenopeo, dove abbiamo trovato una discreta vicinanza allo stile di Mimmo.

L’ispirazione ad un maestro è sempre un fatto positivo, che avviene comunque, inconsciamente o no, e porta sempre a una crescita sia tecnica che espressiva, consentendoci al momento giusto di liberarci affrontando nuove strade con un nostro stile.

Infine Sar@ ci ha proposto le sue 10 immagini portate a Lucca insieme ad altre ancora inedite sulla urbanizzazione di Genova vista attraverso un finestrino di treno.

Io lo trovo affascinante nel suo rigore compositivo, nel suo colore apparentemente smorto, riprendendo una Genova minore, con palazzi sempre vicino a cantieri, con Gasometri, con le grandi strutture viarie che soffocano la vista della nostra Lanterna, o ville di valore incommensurabile.

Non è un lavoro di denuncia forte, ma di acuta osservazione, e con una veloce analisi subito balzano agli occhi le eterne trascuratezze che se da un lato ci fanno sentire abitanti di un posto non mantenuto, dall’altro consentono a noi fotografi di trovare soggetti degradati, testimonianze di un recente passato. Che dire, cerchiamo un lato positivo