Un bel giorno qualcuno mi disse: perché non invitiamo Matteo Ballostro?

Lì per lì non mi venne in mente nulla per trovare un qualche motivo per non ospitare una sera da noi Matteo, così mi ritrovai a dover inserire a calendario una serata con lui…

Ovviamente sto scherzando, ma di Matteo confesso che non ne sapevo nulla, almeno non a livello consapevole, così quando feci la mail di invito alla serata diedi un’occhiata a cosa diceva il web.

Polaroid, un po’ ritoccata, vabbè ne abbiamo viste, ma qualcosa mi stonava, non erano le solite punte appoggiate all’emulsione con effetti vagamente impressionisti.

Il 16 febbraio 2024 entro e al circolo come ogni venerdì sera c’è movimento, chiacchiere tra noi, confidenze, battute, qualcosa da prendere in cambusa, per farsi magari un bicchierino, e lì al centro un ragazzone alto e dal sorriso aperto: Matteo! Ciao sono Stefano, piacere… soliti convenevoli, ma davvero lui è una di quelle persone che ti mettono a proprio agio, e vedevo che non si sentiva un pesce fuor d’acqua pur non conoscendo nessuno di noi tranne Drago e pochi di più.

Tavolo al centro, tutti seduti in cerchio intorno e qualche contenitore promettente, dunque solo stampe, non files, bene!

Matteo si presenta, poche battute ma capisci subito che lui vede e vive con immagini, formazione all’artistico, approccio alla fotografia in senso lato, conoscenza e uso anche della grafica a tutto tondo.

Quindi si aprono le danze, e comincia a tirar fuori dalle scatole un pacco di stampe, carine, piccoline, ben montate su cartoncino e passepartout. Tutti noi fermi a debita distanza, ma appena lui dice:” ma avvicinatevi, prendetele in mano!” c’è stato un movimento fulmineo di tutti manco fossimo alla partenza di F1, e cominciamo a passarci queste piccole meraviglie.

Si, polaroid e affini, come Fuji, ma la magia è che Matteo ci ha pitturato sopra, e ha creato deliziose stravaganze, nuove realtà, o meglio piccole favole, nuovi racconti di una realtà di cui magari vedi qualche frammento fondamentale, e l’acrilico diventa una quinta di divertenti quiz di strada, qualcuno direbbe street, ma in realtà Matteo coglie surrealismi, particolari, accostamenti che da soli probabilmente funzionerebbero, ma con l’aggiunta di qualche pennellata tutto si trasforma in un quadretto  che starebbe bene sulla scrivania di tutti noi, su cui posare lo sguardo mentre il lavoro ci propina quotidiane insofferenze, e potremmo renderci conto di come la vita, quella emotivamente vera, è altrove.

Mi faccio scorrere le stampe, e le guardo con chi in quel momento è vicino a me, e la gioia di questi deliziosi giochi di associazione tra immagine fotografica e grafica diventa stupore condiviso: ma come ha avuto questa idea!!, ma guarda quella,  che sballo, ma lo sai che me la porterei a casa? Ehi datemi quel pacco che non l’ho ancora visto! Nooo, non ci posso credere!

Eravamo come bambini con le figurine incantate, un momento di estasi collettiva.

Ragazzi datemi del matto, ma se eravate lì con noi potreste capire.

Non vi sto a spiegare immagini salvo un trittico

Foto urbana, una parete di un muro con un grande spazio incorniciato tipo per la pubblicità, e da sinistra verso destra entra (se ricordo bene) una donnina anziana; nello spazio diciamo pubblicitario c’è solo un cielo con una parte di nuvoletta sulla estrema destra. Questa è la prima foto

La successiva al centro è lo stesso scorcio, ma la donnina ora è avanzata e si trova al centro del fotogramma

E nello spazio del cielo, ora la nuvoletta è piazzata al centro

L’ultima è quella illogica conclusione di vedere la donnina che esce dal fotogramma verso destra, mentre la nuvoletta se ne va a sinistra.

Immaginatevi di avere queste tre piccole stampe davanti e l’occhio che le esplora in una frazione di secondo, l’ilarità scoppia subito, non ho visto nessuno senza un’espressione di sorpresa e divertimento nel vederla.

Poi accenniamo alla scatola che contiene fotocamere stilizzate, realizzate con pezzi di cartoni e ammennicoli vari, o alla serie di lettere dell’alfabeto delle nostre vecchie scuole elementari trasformate in disegni surreali, dove una Effe diventa il corpo di una cinepresa 8mm.

In realtà abbiamo concluso con qualche foto proiettata, proveniente da scansioni di pellicole e sempre con intervento manuale sul fotogramma, o meravigliosi scatti di normali ambienti familiari dove Matteo, impugnando la luce di un cellulare, ha disegnato scie luminose muovendo la mano e creando ad es in un terrazzo, un filo con panni stesi.

In definitiva abbiamo avuto una serata ricca di immagini sorprendenti, piene di inventiva, ironia, e senza pomposità e velleità artistiche, create per il solo scopo del divertirsi giocando con le visoni e le associazioni.

Ed è uno di quei rari momenti in cui ti rendi conto che l’arte, quella che puoi sempre gustare con leggerezza, può nascere dal gioco, dalla voglia di vivere positivo, guardando il mondo come un luogo dove poter stare, anche bene.

Grazie Matteo.