Lorenzo Cicconi Massi, sembra più giovane dell’età anagrafica, comunque giovane è la sua famiglia, che lo ha accompagnato in questa occasione.

Eppure la sua esperienza parte da lontano, ed escludendo le sue varie attività comunque inerenti sempre all’immagine, ci ha raccontato com’è arrivato alla fotografia, forse strumento quasi collaterale della macchina da presa, per creare, come i suoi modelli cinematografici, come Sergio Leone o Antonioni.

Ma nella sua Senigallia è stato amico di Mario Giacomelli, che ormai sappiamo essere uno dei grandi maestri italiani del 900 della fotografia non solo in ambito italiano.

Senza forse accorgersene Lorenzo ha assorbito da tutti qualcosa, che ritroviamo nelle sue creazioni, oserei dire invenzioni, costruite con una meticolosa creatività insieme al suo spirito giocoso, creandosi uno stile che affonda nel suo passato ma ci proietta nel suo mondo fantastico.

Ci ha spiegato dunque il suo rapporto con Mario Giacomelli, disegnandoci anche il personaggio, facendoci scoprire lati inediti del grande Maestro. Che ci sia da sempre un’influenza e nello stile dell’inquadratura, e nell’elaborazione che sia in camera oscura o con la postproduzione è subito avvertibile, ma attenzione, parliamo di influenza, non di imitazione, la personalità di Lorenzo è oltremodo spiccata, come vedremo durante la sera con i suoi lavori.

La fotografia gli è quasi capitata, il suo destino ha cominciato a comporsi ad Arles, meta di grandi pellegrinaggi da parte di fotografi che vogliono scalare le vette del successo con le loro immagini, ma dei quali ben pochi riescono.

Lui, spinto da un amico che conosceva le sue foto di anni prima scattate per divertimento a bambini in gioco, affronta la lettura del portfolio, e quasi non crede al successo delle sue immagini.

Da qui al professionismo il passo è breve, anche per il successo conseguito con altri prestigiosi concorsi, quindi quasi senza crederci inizia a scattare per vivere, ma solo se il progetto può farlo divertire: è questo il plus che lo distingue, fotografare per giocare.

Abbiamo visto vari slides show che hanno percorso tutta al sua carriera, con commenti divertenti e autocritici, e ci siamo tutti innamorati delle sue foto.

Poche volte è uscito dalle Marche per scattare, da quel che abbiamo visto, poiché i suoi progetti nascono spesso intorno a casa, con la capacità di riscoprire il paesaggio familiare che sia protagonista delle sue immagini, o sfondo per le sue figure, sempre eleganti, che siano sfocate in primo piano, magari parzializzate, o lontane e minuscole, ma ugualmente capaci di catturare l’occhio nel fascino delle sue composizioni azzardate.

Cos’è piaciuto di lui?

Il suo presentarsi alla mano, autoironico, incredulo del suo successo ma desideroso di voler stupire con le sue immagini, non tanto per assurgere alla figura del grande artista, ma per condividere con l’osservatore lo stupore della vita.

Oppure le sue incredibili composizioni, sempre al limite ma sempre stupendamente leggibili; anche un bambino comprenderebbe la bellezza della giustapposizione dei vari piani, in un gioco di rapporti e dialoghi tra i primi piani, che siano sfuocati e sognanti, e le figure dello sfondo, nitide o mosse, ma incredibilmente vive.

O ancora i toni di questo bianconero, questa volta rigorosamente non rigoroso, portato al contrasto tra neri inchiostrati e le bruciature dei bianchi, con aloni da mascheratura, con pochi mezzitoni ed il vigore di cieli che a volte diventano mantelli  sontuosi.

O il gioco, sempre presente, con l’immagine inventata, con i modelli o le modelle, per arrivare a creare un teatro nella vita, con la rappresentazione che dura un trentesimo di secondo e ci regala l’imponderabile della sorpresa, quel volto mosso, con l’intuizione di un’espressione, con il bagliore nello sguardo che capovolge la realtà.

O solo le sue ultime parole  al termine dell’incontro, rivolte al pubblico, che scoprono il suo animo, che ci spiegano del perché fotografa, del perché lui è ciò che riprende, del perché le donne volano, ma è lui che vola, la sua anima che attraversa come uno stormo di uccelli l’immagine, è lui la sua terra, i suoi cieli, è lui quel velo che sventola libero sopra un cielo aperto dopo una tempesta su un borgo antico: lui è il velo.

Bene, ho esternato, ma credo si capisca che Lorenzo mi ha molto colpito, dovevo.