Avevo accennato che la serata con Daniele, appena iscritto al circolo e subito buttato nella mischia, sarebbe stata interessante per confrontarci con un modo di fotografare che non  fosse contaminato dalle nostre serate.

Infatti  chi viene al circolo da un po’ di tempo in qualche modo sa riconoscere i vari stili, e quando scatta ha presente le varie critiche che ha ricevuto, di conseguenza si viene a formare una sorta di corrente, un vago qualcosa che poi dici, sì questa foto viene da uno del 36°.

Non sempre ci mancherebbe, ma con questa serata credo sia stato chiaro vedendo le foto di Daniele quanto sto cercando di spiegare.

Riassumo brevemente, Daniele ama la fotografia e si considera più coinvolto da circa 3 anni, con la voglia dunque di raggiungere risultati migliori, ha una buona attrezzatura e ha già fatto oltre che scatti a portata di un’ora di macchina, o bici o trekking, anche viaggi fotografici.

Quindi ci ha portato diverse cartelle contenenti un portfolio variegato: paesaggio bianconero e colore, street, paesi abbandonati e foto naturalistica.

La settimana scorsa già avevo sentito alcuni suoi commenti durante la serata a tema “mare d’inverno” e ho avuto la sensazione di una sua visione della fotografia ben orientata, e vedendo le sue foto direi che tutti abbiamo confermato tale idea.

Un occhio attento, che si tratti di paesaggio, di scelta della luce, di scatto colto per strada, con una buona formazione tecnica e compositiva.

Direi che mai abbiamo parlato di scatti tecnicamente sbagliati, semmai di scelte in post produzione non necessariamente condivise da qualcuno, come anche difficilmente abbiamo valutato composizioni errate; il buon Emilio  raramente è intervenuto per proporre tagli.

Anzi ho apprezzato, e non credo io solo, la tecnofilia di Daniele, con l’uso agile dei vari approcci all’esposizione, alla post in HDR al focus stacking, con buone elaborazioni in bianconero usando diversi filtri e varie applicazioni, come per esempio con foto della via lattea o paesaggi mescolando luce naturale del tramonto con luce artificiale, insomma un repertorio vasto con immagini ben realizzate.

Addirittura Daniele ci ha spiegato le caratteristiche del sensore delle fotocamere  Sigma, a tecnologia Foveon, che confesso mi ha molto interessato, tanto da fare qualche ricerca in rete e non dispero di valutare qualche scatto eseguito in parallelo tra la sua fotocamera sigma e uno analogo con la sua Olympus 4/3.

Purtroppo la cartella con soggetti naturalistici è stata direi bocciata, dopo gli scatti precedenti, sempre al di sopra della media, queste ultime foto non reggevano al confronto per diverse imprecisioni, ma si tratta di un peccato assolutamente veniale, e d’altro canto ognuno di noi ha margine di miglioramento se e dove vuole.

Il lavoro che abbiamo apprezzato di più è stato quello sui paesaggi abbandonati, il primo con una progettualità, e subito abbiamo visto una migliore coordinazione tra gli scatti e a parte qualche scelta migliorabile, abbiamo trovato interessanti molte foto sia singolarmente sia l’insieme.

Conclusione? La serata per me è stata molto costruttiva, credo che tutti abbiamo toccato con mano quanto possa fare l’applicazione di una buona tecnica su una fotografia. Ma altresì un po’ ci è venuto a mancare  quanto sia importante anche comunicare un messaggio con le proprie immagini, mostrando la propria visione, usando la sensibilità dello sguardo, concretizzando con le proprie foto un pensiero.

Quando qualche volta giro su Instagram trovo molti scatti perfetti, ma che oltre la perfezione formale non apportano necessariamente contenuti, come quando mi capita di rivedere gli annuari della FIAF, con le foto salonistiche che vincono i concorsi ma che sono in genere esercizi di stile. Ormai da tempo con una generalizzata crescita culturale del 36° non ci fermiamo davanti alle apparenze, e vorremmo che un’immagine passi oltre, colpendo il cuore; certo tutto si fa più difficile, ma  il risultato merita lo sforzo .

Sono sicuro che Daniele, frequentando il 36°, possa trovare ispirazione per fare quel salto in cui le  sue foto non siano solo belle ma anche buone, non fermandosi alla tecnica e alla composizione ma usandole come supporto per realizzazioni coinvolgenti.

Quindi ben venga la tecnica, dove ogni acquisizione aumenta le capacità, ma, se questo pensiero è condiviso, cercare oltre la bellezza.

E qui la cultura fotografica secondo molti di noi diventa essenziale.