Perché una serata di stampe?

La fotografia è nata con l’immagine stampata, il dagherrotipo era un pezzo unico e irripetibile, proveniente direttamente dalla fotocamera e sviluppato ai vapori di mercurio, quasi balsamico… eppure aveva un fascino incredibile con l’immagine percepita quasi in controluce, con una nitidezza e delle sfumature di grigio create dalla superficie argentata di una bellezza struggente.

Poi si arrivò al negativo e quindi teoricamente la stampa divenne riproducibile all’infinito e la fotografia , già resa democratica dalla semplicità della tecnologia, rispetto alla pittura (parliamo del 1839) divenne popolare, e ogni famiglia poteva permettersi il ritratto di famiglia. Poi mamma Kodak inventò la fotocamera usa-e-restituisci, che dopo una settantina di scatti, veniva spedita in Kodak, e tornava la fotocamera ricaricata e il pacco di immagini stampate, magari 6×9 cm, ma pur sempre stampe.

Quando alcuni di noi (i più vintage) si sono avvicinati alla fotografia negli anni 70, questa era pellicola bianco e nero o colore, e tranne la diapositiva che viveva nella proiezione, il negativo si stampava, che fosse da minilab, che tirava fuori quasi sempre un’immagine leggibile (e molti si sentivano grandi fotografi quando non ne sbagliavano una !) oppure ci si chiudeva in camera oscura e alla fioca luce rossa si stampavano in 30x40cm le migliori foto, quindi da democratica a popolare a fai-da-te.

Ora si stampa solo per mostre, o per appendersi in casa qualche immagine, e in genere viviamo le nostre foto col tramite di uno schermo, che sia del cellulare o del pc, o sullo schermo del nostro circolo.

Qualche venerdì fa abbiamo avuto 2 ospiti molto simpatici, che ci hanno portato stampe e anche libri autopordotti, così abbiamo toccato con mano la loro produzione: bella serata.

Venerdì scorso volevo capire quanto la stampa importasse, e non sono stato deluso, ho visto piccoli gioielli e diverse immagini che hanno assunto una nuova dignità con la stampa.

Abbiamo portato stampe in poco meno di una decina di persone, e alcune sono state prese dai muri di casa, altre dal proprio archivio.

Diverse le tecnologie usate, dalla stampa da laboratorio generico, alla stampa fine art, alla tradizionale camera oscura o ancora da una stampante a getto d’inchiostro.

Ho apprezzato oltremodo il piccolo portfolio di Giovanna, 5 immagini stampate su carta cotone con inchiostri a pigmento di carbone, una tecnologia di poco più di un decennio che ha dato una dignità nuova alla stampa da file digitale in bianco e nero, diversa dalla stampa argentina da camera oscura, ma capace di dare una notevole gamma di grigi fino a neri intensi e corposi e con un piacevolissimo contrasto.

Ovviamente le immagini, che conoscevamo, sono molto belle, le abbiamo dunque apprezzate con questa bella stampa.

Dvd invece ha smontato una sua mostra ora appesa da Nadia per portarci diverse immagini grafiche, anche queste molto belle pur piccole, ma impreziosite da un buon passe-partout  bianco avorio con taglio a 45°, tutte immagini molto grafiche.

Anche Panaz si è lanciato con la sorpresa di tutti su stampa digitale con stampante, una selezione delle sue foto del viaggio in Irlanda molto curate e direi quasi sempre ineccepibili. Osservandole da vicino ne apprezzavo la qualità tecnica irraggiungibile con il vecchio negativo 35mm stampato da minilab.

Ultimamente qualcuno mi ha detto che i vecchi minilab stampavano sfuocando leggermente ogni immagine, per uniformare le foto nitide con quelle mediamente mosse o micromosse, se fosse vero… grrr.

Mrx ha estratto dai suoi archivi una serie di stampe 30×30 a colori provenienti da un suo viaggio di fine millennio, un buon esempio di paesaggi ricchi di sfumature grazie al medio formato su pellicola, che reggerebbero ingrandimenti ben maggiori senza perdere qualità.

Per fortuna che qualcuno aveva prodotti da camera oscura, e il buon Andrea sta sperimentando le vecchie frontiere dei grigi perduti, e ovviamente fa piacere che dal corso di bianco e nero di un paio di anni fa qualcuno abbia proseguito usando ancora la vecchia pellicola.

Da parte mia, ho portato la mia personale storia di immagini stampate, da quelle su carta baritata smaltata, a stampe fatte con le prime stampanti su carta quasi normale. La mia provocazione dei tempi: siccome con la comparsa del digitale ci fu un gran dire se le foto erano da pellicola o da digitale, con rifiuto delle nuove tecnologie, stampai una foto su una tovaglietta di carta monouso, per divertirmi a strapparla in pubblico come performance

Ebbene non l’ho mai fatto, e ora quella stampa un pò stropicciata continuo a portarla e a riderci sopra, peccato sia non più riproducibile, non ho più quella stampante, quindi è diventato un pezzo unico… quasi un dagherrotipo…