Definizione da Wikipedia: Composizione strumentale in più tempi, ciascuno dei quali costituito da un tipo di danza ora vivace e allegra, ora lenta e solenne in una alternanza ritmica di particolare spigliatezza…

Direi che ci sta.

Grazia Dell’Oro, editrice indipendente, con vocazione a cercare cultura da diffondere, ha avuto un’idea da sviluppare: proporre a diversi fotografi un progetto avente in comune solo il tema dell’isolamento, o se preferite il termine universalmente adottato dal mondo intero Lockdown, ed ogni fotografo era libero di sviluppare tale tema con assoluta libertà di espressione.

I nostri 5 amici, se vogliamo dirla tutta, hanno realizzato una sorta di terapia di gruppo, conoscendosi, anche a distanza, in un momento di particolare criticità sociale, dove l’isolamento, il confinamento presso la propria abitazione, e dove anche il solo allontanarsi di oltre 200 mt era considerato una violazione.

Hanno così espresso con la loro fotografia un riscatto di libertà, una estrinsecazione di paure, la sublimazione di questa strana sofferenza comune a tutti ma vissuta in solitudine. L’obiettivo è diventato la parola delle tensioni interne, e l’incontro settimanale con Grazia e i colleghi/amici, un momento di crescita e di esorcizzazione delle ombre dalla mente.

Abbiamo visto 5 stili completamente differenti, ognuno con una poetica, ma tutti con il rigore di esprimere compiutamente questo affanno dell’anima.

Non è necessario descrivere i portfoli presentati, potete rivedere la serata registrata su YouTube, ma tengo a dare un mio parere per dare ulteriore spunto alla comprensione dell’opera

Lorenzo Zoppolato ha iniziato per primo presentando una serie di immagini in formato panoramico, e ora che lo scrivo, pensare ad un panorama, statico, dalle proprie finestre, per ben 2 mesi ha dell’assurdo. Eppure nella solitudine ogni dettaglio diventa enorme, e ogni dittico offre pensieri sullo scorrere di questo tempo dilatato, un tempo che la nostra società attuale ha totalmente, colpevolmente dimenticato. Immagini che ho trovato estremamente meditative,  leggendole in un silenzio assordante.

Lorenzo Cicconi Massi invece ha dato corpo alla sua inventiva, e ha concretizzato le sue, le nostre angosce, con composizioni dove lui ha  prestato la sua immagine alla realizzazione di foto a contenuto a volte fortemente simbolico, anche se quasi astratte. Il suo bianconero, quello oramai che porta la sua firma, sostiene una matericità quasi graffiante in alcuni casi, di questi fantasmi interiori. Ogni composizione può quasi vivere da sola, ma tutte insieme ci offrono un discorso coerente ma variegato.

Francesco Faraci ci aveva già mostrato alcune foto della sua Palermo, e già ne ho scritto con grande ammirazione, ma è stato bello sentirlo, e ribadire qualcosa che anche io provo quando scatto, che quell’evento che fotograferai, in qualche modo ti attraversa, vuole quasi che tu sia lì a riprenderlo, Ma a me succedono cose insignificanti, a lui scene di vita incredibili. Per fortuna che lui è lì a riprenderle per noi.

Sara Munari ha parecchie frecce al suo arco, e questa volta ha scelto la creatività del fotomontaggio, e qui parliamo solo della tecnica adottata a substrato della sua voglia di comunicare, ma non solo agli altri ma sembra per sé stessa, comunicare dicevo, quanto solitudine e ansia ha creato nel suo subconscio, portandolo in superficie, anche usando sue vecchie immagini. La cosa fondamentale è stato l’uso di una grafica molto forte, l’associazione tra immagini a impatto simbolico, con un lavoro molto complesso, da analizzare per trovare nel tessuto fotografico ogni dettaglio delle paure che viaggiano sotto la superficie della realtà apparente.

Francesco Comello ha cercato la libertà, la sola possibile in quei frangenti del Lockdown, la libertà della notte, quando muoversi era vietato, quindi solo nelle ore notturne poteva scoprire un nuovo momento di libero arbitrio.

La sua è stata anche una scoperta concreta, il vivere di notte, all’aperto, gli ha fatto conoscere nuovi scenari, e grazie alle sue foto ne siamo anche noi testimoni di cosa potrebbe essere ribaltare la propria vita, partendo solo da un cambio di orari delle proprie abitudini. E anche lui, usando questi panorami notturni, ha espresso un’altra variante di questi sentimenti pervasivi, e solo riprendendo pochi dettagli, qualche atmosfera, una sintesi.

Cosa ci può dare questo libro, o meglio questa testimonianza di un gruppo diventato affiatato di bravi fotografi? Molto a mio parere.

Quello che per primo ci colpisce è l’umanità di ognuno di loro, dar voce alle proprie fragilità trasformandole, sublimandole in una personale opera, e creando il loro gruppo di lavoro, gruppo di vicinanza, di amicizia, di stima reciproca, di mutuo sostegno, tutti insieme con Grazia, e questo continua a rassicurarmi sul futuro, perché finché questi sentimenti vinceranno su paure, che siano reali o indotte, il futuro non può essere oscuro. Il loro esempio è per me il messaggio migliore che potevano offrire.

Se vogliamo continuare sullo specifico dell’opera, parliamo di quanto può farci ragionare una simile varietà di temi, stili, approcci quasi linguistici. Solo questo per un fotografo secondo me è fonte di approfondimento, per confrontare il proprio modo di scattare con chi come loro usa l’immagine per DIRE il suo pensiero.

È un libro, è un segno di questi tempi, è un insieme di pensieri, è una Suite.