Siamo in giro, per strada, con amici a cena, con i figli in vacanza; una bella luce, una situazione divertente, l’esigenza di fissare nella memoria cerebrale e nella memoria elettronica sorge istantanea: acchiappi il tuo fotophone e rapidamente raccogli. Riguardi l’immagine, si disegna un sorriso sul tuo volto, mostri l’immagine a chi è con te che altrettanto smuove la sua muscolatura facciale, quindi chiudi la tua modalità fotophono all’istante e prosegui a vivere azzerando il pensiero a ciò che hai nelle tue memorie.

Oppure

Stiamo fotografando sulla sopraelevata la mezza di Genova, hai la/le macchine al collo, arriva un gruppo di corridori, sollevi la macchina con l’obiettivo (spera) giusto, focalizzi, centri nel mirino,  un attimo prima del fatidico momento giusto  scatti, ovviamente a raffica; quante ne fa la tua macchina? Se lenta 4/5 al secondo, altrimenti se ogni 6 mesi ragioni sulla attualità della tua attrezzatura e scopri che non puoi vivere senza quel modello Pro che ti consente 32 scatti al secondo (a 36 ancora non ci hanno pensato..) allora inizi la super raffica della tua vita, 123 scatti del passaggio del gruppo di corridori, e mentre passano, siccome nell’entusiasmo ti sei piazzato troppo in mezzo alla strada, avrai tutti gli improperi lanciati alla tua persona disegnati sulla bocca e sugli occhi di ogni runner, di che rovinarti il fine settimana.

Risultato, hai scattato con una piccolissima parte della tua consapevolezza, come se nell’evento ci fosse solo un quinto del tuo cervello, con mezza mano e solo l’indice che scatta, e il resto del tuo io osserva impotente il susseguirsi dell’azione.

Vabbè ho esagerato un tantino, ma il mio assunto è che se a me piace fotografare, vorrei esserci, in pieno con tutto me stesso, come quando si mangia, voglio apprezzare il cibo, come quando parlo con i miei amici, come quando.. ognuno pensi a quando vuole essere in quello che sta facendo.

Ecco, abbiamo avuto una serata dedicata ad un genere di fotografia che richiede integralmente noi stessi, corpo anima e sentimenti, conoscenze tecniche, cultura e background, creatività e associazione di idee.

Lo still life, se piace il genere, è assolutamente questo.

Innanzitutto grazie a chi si è impegnato a scattare per la serata proponendo le sue immagini.

Alessandro ha aperto la serata con diverse immagini ben realizzate, classiche e con gusto, una luce dark dove gli oggetti ripresi uscivano dal nero, diversi accostamenti di oggetti, dal cibo all’oggettistica, ma sempre con una coerenza, purtroppo l’autore non era presente per cui alcune domande aspetteranno la sua presenza per qualche risposta.

Ilaria e il suo manichino per disegno, molto naïf, ha fatto qualche scatto dove quello che cambiava era la posa, un inizio, ma un po’ poco, era giusto l’occasione per spiegare che l’ambito della foto di natura morta richiede il totale controllo dell’immagine, sfondo, disposizione, luce, colore, ombre contrasti, texture, per arrivare al messaggio, che sia un senso di composizione gradevole o una associazione di idee.

Giovanna ha riproposto alcuni scatti realizzati qualche anno fa quando al circolo abbiamo organizzato un incontro dedicato allo still life, con diverse immagini o postprodotte o anche elaborate, ma sempre eleganti.

Daniela, che anche lei ha scattato per l’occasione, ci ha proposto vari tentativi che vanno dal colorare ortaggi al giocare con le linee dello sfondo con la carta da gioco, qualche idea, qualche ingenuità tecnica ed espressiva.

Io stopaz ho scelto una strada quasi autobiografica, creando dei set in casa con ambiti di vissuto, il letto, il tavolo della cucina, il lavabo, dove ho alternato con stessa inquadratura una modalità ordinata ed una vissuta, adoperando il mio iPad come fotocamera e un vecchio software che crea immagini un po’ vintage.

Pier invece ha usato foto di archivio per mostrare oggetti, nulla di preparato ma semplicemente colto, francamente troppo poco per parlare di still life.

Anna, neo socia, produce still life per lavoro, con piccoli set per proporre prodotti da inserire sui social, e oltre a mostrarci il prodotto del suo lavoro, ci ha spiegato il come e il perché deve ottenere certi effetti, e alcune immagini hanno sicuramente richiesto non solo abilità tecnica ma anche inventiva, apprezzata.

DVD, rimasto ultimo, si è fatto apprezzare per il suo rigore formale, la sua ironia, e in alcuni casi anche una non banale capacità tecnica, con scatti che vanno dai modellini lego di auto, alle bottiglie, alla semplice disposizione di pochi elementi su una parete.

Infine avevo con me una cartella con immagini di autori di rilievo che si sono espressi anche con lo still life.

A parte Witkin o Lachapelle, autori moderni che usano un linguaggio molto forte anche con questo genere fotografico, Weston tra i classici è colui che ha aperto una strada alla fotografia usata con rigore tecnico e un gusto estetico notevolmente innovativo per i suoi tempi, e ancora oggi in grado di deliziarci con le sue stampe capaci di restituire sfumature inenarrabili ed estrema eleganza delle forme di oggetti di tutti i giorni.

E ce ne sarebbe ancora da parlare, non ho nominato autori che hanno creato anche un linguaggio in simboli con le loro opere.

Ma ne potremmo parlare se, come spero, si apre un interesse per l’argomento.